A Dawson’s Creekmas Carol – Capitolo 1 [Fanfiction]

Capitolo 1

Il telefono squillò ancora una volta ma Dawson decise di ignorarlo, impostando la modalità aerea e poggiandolo con il display rivolto sulla scrivania, in modo da non vedere il nome dalla persona che lo stava chiamando. Non che questo cambiasse qualcosa. Sapeva bene chi era a chiamarlo, lo sapeva ormai da quasi due ore a giudicare dalle lancette che segnava il suo costosissimo orologio. Sperava però di poter ignorare quelle chiamate, o più precisamente quella persona, anche se si trattava di sua madre. Era consapevole che Gale Leery non glielo avrebbe mai perdonato, perché se c’era una cosa che voleva ancora suo figlio facesse, anche alla veneranda età di 34 anni, era rispondere al telefono quando lei chiamava. Perché nonostante lui ormai vivesse lontano da anni e fosse economicamente indipendente, Gale non smetteva di essere sua madre e quindi di fare tutte quelle cose che una madre fa: preoccuparsi, rompere amorevolmente le scatole, chiamare senza una vera ragione e, soprattutto, ricordargli di mangiare.

Ma Dawson non poteva rispondere a quella chiamata, non se voleva finire quel copione e inviarlo ai suoi autori il giorno dopo. E, soprattutto, non se aveva intenzione di procrastinare ancora per molto quell’odiosa ed estenuante discussione che avrebbe finito con il far arrabbiare sua madre e far passare lui come un mostro privo di sentimenti.

Cercò di accampare scuse nella sua mente, anche se non c’era nessuno a cui dirle e sapeva che non sarebbero servite nella futura conversazione che avrebbe avuto con Gale. In cima alla lista delle scuse c’era la più vera: la rete televisiva era impaziente di leggere la sua nuova sceneggiatura sullo speciale di Natale di “The Creek”, un episodio che lui avrebbe dovuto scrivere mesi prima ma che invece era ancora incompleto sul suo Mac. Pensò che probabilmente questo doveva essere considerato un segno del destino, la prova tangibile che ormai aveva perso il suo talento e, molto probabilmente, anche il suo lavoro. Senza la consegna di quel file entro l’indomani, la rete lo avrebbe licenziato e a quel punto non solo si sarebbe ritrovato a rispondere alle chiamate di sua madre ma anche a chiederle di nuovo ospitalità. E ovviamente questo non poteva permetterselo, non adesso che la sua carriera andava a gonfie vele e Lily aveva da poco iniziato il liceo.

«In fondo non dovrebbe essere così difficile scrivere il finale di un episodio di Natale! Ho festeggiato così tante volte questa festa da ragazzino!» Sbuffò sonoramente e la sua voce fece eco nella stanza buia e silenziosa del suo grande studio, più vuoto che mai. Fatta eccezione per una poltroncina in pelle nera e un albero di Natale che la sua segretaria aveva scelto e addobbato per lui, con tanto di avvertimenti e minacce se mai lo avesse toccato: “Non fare il Grinch della situazione. A questa stanza – E A TE – serve un po’ di spirito natalizio e, in fondo, anche questo è il mio lavoro!” Aveva scritto quelle parole su un post-it colorato, attaccato sul Mac, e Dawson non poteva fare a meno di sorridere ogni volta che lo leggeva. Ovviamente solamente quando era da solo come in quel momento, perché non avrebbe mai dato la soddisfazione a Gloria – la sua segretaria ed unica amica lì a Los Angeles – di pensare di avere ragione.

La solitudine, in realtà, non gli pesava, nella vita così come nel lavoro. Amava stare solo e quell’ora della sera era la sua preferita per scrivere, quando gran parte dei suoi colleghi erano ormai andati via e non aveva nessuna distrazione a distoglierlo dalla miriade di pensieri che vorticavano nella sua testa. “The Creek” era ormai alla sua nona stagione, un successo unico per un teen drama – o almeno così lo avevano definito i critici – ma Dawson in quel momento si sentiva più un miracolato. Non era facile per un ragazzo venuto da un paesino del Massachusetts far carriera ad Hollywood. Infatti, se solo si soffermava a pensarci, in quegli anni in cui era nel giro – espressione utilizzata spesso da Todd per parlare del loro lavoro – non aveva conosciuto nessuno con un passato simile al suo. Tutti i registi che aveva avuto la fortuna di incontrare provenivano da grandi scuole o avevano fatto la gavetta con altrettati registi importanti, lui invece a parte quel breve incontro con Spielberg – da cui aveva comunque appreso tantissimo sia umanamente che artisticamente – non conosceva praticamente nessuno e non aveva nessuna qualifica. A volte si rendeva conto di avere unicamente il suo talento e questo lo spaventava terribilmente, perché ciò che aveva sembrava assomigliare ad un castello di sabbia che la prima ondata più forte avrebbe potuto spazzare via.

Il fiume di pensieri fluì nuovamente fuori dalla sua mente ma, stranamente, insieme a quella miriade di immagini e parole senza forma alcune riuscirono a concretizzarsi e a farsi spazio in quella pagina bianca. Nella stagione precedente della sua serie, gli spettatori avevano potuto assistere finalmente alla prima volta tra Sam e Colby e tutto era piaciuto così tanto da aver ottenuto dalla rete un rinnovo di altre due stagioni. Un’occasione fortunata sicuramente, ma come in tutte le cose della vita c’era ovviamente il rovescio della medaglia. Gli altri autori della serie e la rete stessa, a quanto pareva, erano d’accordo sul fatto che entrambi i protagonisti dovessero fare un passo in avanti nella loro relazione; e lo avevano dimostrato nelle numerose email che gli avevano inviato. “Non credi sia arrivato il momento per Sam e Colby di sposarsi? O quantomeno di andare a vivere insieme?” Era la domanda più gettonata. E Dawson, di fronte a quei dubbi, si sentiva sempre più sotto pressione come se fosse lui a doversi trovare una ragazza e a sposarsi.

La realtà era che lui non sapeva nemmeno cosa fosse una ragazza e non lo sapeva ormai da troppi anni. L’ultima storia pseudo-seria che aveva avuto o di cui aveva memoria era quella con Jen, e tutti sapevano com’era finita, quindi come avrebbe potuto rendere quel concetto in una pagina del suo copione? Non avrebbe mai potuto basare quella storia sulla sua vita, al contrario di tante altre riprese dal suo passato, perché nella realtà lui e Joey non erano finiti insieme dopo aver fatto l’amore. Anzi, a dirla tutta, la loro prima volta era stata una vera catastrofe, e sicuramente non avrebbe mai voluto renderla su pellicola. Certo, avrebbe potuto prendere spunto dalla vita dei suoi due migliori amici, Pacey e Joey, che ormai erano sposati e felici da anni, ma non sarebbe stato come barare in un certo senso? Scrivere era sempre stata una terapia per Dawson, sin da quando dopo la prima rottura con Joey aveva messo nero su bianco tutte le sue sofferenze in quel film sulla loro storia, e quindi anche in questo caso significava fare i conti con la propria coscienza.

La verità era che non sapeva a che punto fosse della propria vita, non in ambito sentimentale almeno. Aveva avuto delle ragazze in quegli anni, era uscito con parecchie attrici e modelle, interessate più a lui per fare carriera che per altro, ma non poteva dire di aver trovato il vero amore. La scusa che ripeteva a se stesso per quel grande buco nero della sua vita era sempre la solita: chi ha tempo per il vero amore? E in quelle parole c’era un fondo di verità, perché il suo lavoro lo assorbiva così tanto che trovare tempo o energia per una relazione era impossibile. Ma la realtà era comunque molto più complicata di così e includeva pensieri che Dawson non era ancora pronto a ripescare dalla sua mente, soprattutto in quel momento.

Era uno scrittore e avrebbe potuto inventare qualsiasi cosa pur di far felici gli spettatori e i suoi datori di lavoro, eppure c’era qualcosa che ancora lo bloccava.

Distolse lo sguardo dal suo Mac e si stroppicciò gli occhi, bevendo un altro sorso di caffè. Le lucine dell’albero di Natale illuminavano la stanza per metà, creando un gioco di ombre e colori sulla parete di fronte alla sua scrivania. L’altra metà, quella in cui si trovava seduto, era invece rimasta avvolta dalla penombra causata dallo schermo del pc, ma venne improvvisamente illuminata da una luce accecante che lo fece trasalire.

«Cosa è stato?» Non fece in tempo a chiedersi cosa fosse successo che, improvvisamente, la finestra che si affacciava sulla collinetta di Hollywood si spalancò, lasciando entrare nella stanza una folata di vento gelido che lo fece rabbrividire. Si alzò per richiuderla, avvertendo sulla pelle una strana sensazione di inquietudine mista a paura, e fu proprio in quel momento che qualcosa – o meglio qualcuno – lo fece sobbalzare, portandolo anche ad allentare la presa sulla tazza di caffè che teneva in mano e che si frantumò in tanti piccoli pezzi.

«Papà?» le labbra di Dawson si mossero impercettibilmente, scandendo bene quelle quattro sillabe, ma il suono fuoriuscì labile e venne sovrastato dalla ceramica che si frantumava sul pavimento. Non pronunciava quel nome da tempo, se non nei suoi pensieri più nascosti, e adesso sembrava tutto così strano, così sbagliato. Si sfregò nuovamente gli occhi, pensando di aver appena avuto un’allucinazione dovuta alla stanchezza, ma quando guardò di nuovo verso la finestra Mitch era ancora lì. Il sorriso fiero che aveva sempre avuto e lo sguardo orgoglioso e mai severo di suo padre erano ancora lì, proprio di fronte a lui.

«Ciao figliolo!» l’uomo – o meglio quello che sembrava essere suo padre in carne ed ossa – parlò e a Dawson sembrò di essere tornato indietro di quindici anni, a quella sera in cui per l’ultima volta aveva udito quella voce chiamarlo. In quel momento ogni pensiero razionale lasciò spazio ai suoi desideri più reconditi: suo padre era tornato, Dio si era reso conto del grave sbaglio fatto e lo aveva restituito a lui, a sua madre a alla sua sorellina. Esattamente come era avvenuto in una delle ultime stagioni di una delle serie concorrenti di “The Creek”, dove i due fratelli dopo anni di sofferenze e di lotte contro il male, avevano riavuto indietro la loro madre. Perché anche la realtà, a volte, poteva avere qualcosa di soprannaturale e forse questa era la risposta che lui da sempre stava cercando.

Istintivamente, le sue labbra si mossero a formare un sorriso, uno dei primi sorrisi sinceri dopo giorni carichi di stress e pensieri negativi, uno di quei sorrisi che ormai non rivolgeva quasi più a nessuno e che era rimasto lì, come congelato nel tempo, in attesa di quel momento. Ma così come era nata, quella lieve piega formata dalla sua bocca si richiuse nel momento in cui Mitch parlò.

«Non sono tornato purtroppo, non sono reale come vorresti.» Dawson rimase immobile a fissarlo, in cerca di qualcosa che smentisse quelle parole, che gli confermasse i suoi pensieri. Perché, seppure quell’uomo dicesse di non essere reale, a lui sembrava proprio così e fu quasi tentato di avvicinarsi per constatarlo da se, ma non lo fece. Rimase invece in silenzio ad ascoltare, curioso di sapere come facesse quell’uomo a conoscere quali fossero i suoi pensieri di quel momento.

«Sono un promemoria, sono venuto in tuo aiuto.»

Dawson corrucciò la fronte, non capendo esattamente a cosa suo padre si stesse riferendo, e lo guardò dubbioso. «Un promemoria? In mio aiuto? Che vuol dire? Chi sei?»

Non erano solamente queste le domande che voleva fargli ma furonno quelle le prime che riuscì a tirare fuori dal mucchio. Aveva sognato quel momento per anni, immaginando una miriade di scenari diversi ma sempre con un unico soggetto: suo padre. Eppure, adesso non sapeva cosa dire e nemmeno come reagire. Quell’uomo tale e quale a suo padre era lì di fronte a lui, gli parlava e sorrideva nello stesso modo in cui faceva Mitch, ma diceva di non essere reale e Dawson sapeva razionalmente che non poteva esserlo. Se questo era un sogno doveva trattarsi di un incubo, uno dei peggiori che avesse mai fatto, e non vedeva l’ora di svegliarsi per tornare alla cruda ma almeno vera realtà.

L’uomo lo guardò con il suo solito sorriso, incredibilmente dolce e rassicurante, e gli allungo la mano stringendola poi alla sua con una presa sicura. «Seguimi!»

 

 

4 Risposte a “A Dawson’s Creekmas Carol – Capitolo 1 [Fanfiction]”

  1. Sai bene quanto io ami (come tanti di noi)la serie,e come io abbia in comune col nostro protagonista il “lavoro” e la passione,quindi beh,che dire,gia’ ti avevo detto ieri che avevo intuito quella cosa e devo dire che,viaggiamo sulla stessa frequenza d’onda al riguardo 🙂
    mi aspetterei quasi anche un altro nome magari..chissa’…quello con la J magari 😛
    Complimenti non vedo l’ora di continuare,anche se come il protagonista son sommerso di “lavoro” da sistemare 🙂

    1. Riesco a risponderti solo adesso qui sul blog. Ti ringrazio nuovamente, per me vale tanto la tua opinione visto che condividiamo la stessa passione per la scrittura. Spero possa appassionarti anche il resto della storia! E tranquillo, capisco benissimo gli impegni! 😛

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