A Dawson’s Creekmas Carol – Capitolo 6 [Fanfiction]

Epilogo

La legna del camino ardeva, creando dei magici giochi di luci ed ombre nella parete di fronte, ed un piacevole calore si spandeva nella stanza, riscaldando quel freddo pomeriggio di Dicembre. Dawson osservò i ceppi scoppiettare e sorrise, con il mento appoggiato su una mano e l’altra su un libro richiuso sulle gambe. Non ricordava più quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva letto qualcosa per il semplice gusto di farlo e non per dovere; ma soprattutto qualcosa che non avesse scritto lui. Il grande tomo, vecchio ed ingiallito, che aveva iniziato a leggere qualche giorno prima, infatti, non aveva nulla a che vedere con i copioni di The Creek, ma proveniva invece dalla grande collezione di libri di Mitch. Lo aveva trovato durante una delle prime mattine della sua vacanza a Capeside, con dentro delle note disordinate scritte da suo padre stesso, e non era più riuscito a separarsene. Gli svaghi in quella piccola cittadina non erano poi molti, del resto, ma lui era determinato a vivere ogni istante di quelle vacanze invernali in modo semplice, lontano dalle ansie del lavoro, dalla tecnologia e dalla sua vita di Los Angeles, soprattutto adesso che i suoi impegni nella città degli angeli erano temporaneamente finiti. Soltanto qualche settimana prima, infatti, aveva consegnato il tanto sudato e sofferto copione dell’episodio natalizio, finendo di scriverlo la mattina successiva al suo – come ormai amava definirlo – “viaggio nei ricordi”, e cominciandolo a girare quella settimana stessa. La rete era stata così entusiasta di ciò che aveva scritto da avviarne subito la produzione e per questo Dawson doveva ringraziare non solo quegli strani fantasmi, che erano venuti a fargli visita quella lunga notte di Dicembre, ma anche i suoi collaboratori che non avevano mai smesso di credere in lui e spronarlo. L’episodio di The Creek era tutto ciò che la rete poteva desiderare o che lui stesso avrebbe mai potuto sperare. In quei fogli aveva impresso ogni sua emozione di quella notte oltre che ogni ricordo della sua vita. Aveva scritto della neve, di quanto lui e Joey – in quel caso Colby e Sam – avessero sempre amato quel magico fenomeno atmosferico. Aveva scritto del Natale, del bacio sotto al vischio, delle serate in famiglia e della magia che aveva sempre racchiuso quella festa. Aveva scritto di amore, amicizia, famiglia, sentimenti che pensava di aver dimenticato ma che, invece, erano sgorgati dal suo cuore come una cascata d’acqua fresca. Aveva scritto di lui e di Joey, dell’amore che aveva sempre legato queste anime gemelle separate nella realtà ma unite dal destino nel suo mondo ideale. Ed, infine, anche del futuro, un futuro per i suoi personaggi ma, in modo inconsapevole, anche per se stesso. E tutto questo era piaciuto, aveva avuto l’approvazione ed era stato girato in così poco tempo da lasciare che, adesso, Dawson potesse godere delle tanto meritate vacanze.

Aveva trascorso gran parte delle sue mattine ad aiutare sua madre al ristorante, come ai vecchi tempi, e i pomeriggi in compagnia di Lily, andando al cinema o alla pista di pattinaggio, e cercando di rimettere insieme i pezzi del loro rapporto. Era stato uno dei primi a tornare a Capeside e quindi non aveva avuto modo di vedere nessuno dei suoi amici, nonostante sapesse che Pacey si trovasse lì al suo ristorante un paio di giorni a settimana. Aveva incontrato però Jack, con cui era stato a cena un paio di volte, anche in compagnia di Doug e Amy, che ormai era diventata una meravigliosa signorina di dieci anni sempre più somigliante a Jen.

Tutto, insomma, era proseguito in modo lento e tranquillo, come era solito fare a Capeside, e senza che se ne rendesse conto era giunto anche il momento della vigilia. Sua madre si trovava ai fornelli già dalle prime luci dell’alba di quella mattina, mentre Lily era uscita con gran lena qualche ora più tardi in compagnia di Stan, con il pensiero di dover acquistare gli ultimi regali di Natale. Dawson, invece, per la prima volta in vita sua si crogiolava nell’ozio più totale, consapevole di aver ormai adempiuto ad ogni suo compito e di potersi quindi godere il meritato riposo.

Di lì a poche ore la sua casa sarebbe stata gremita di amici e parenti, accorsi per la cena annuale di Natale, dunque non avrebbe di certo avuto tempo o voglia di stare da solo. Il pensiero di rivedere gran parte dei suoi amici lo rendeva nervoso ma euforico al tempo stesso. Non aveva detto a nessuno di essere lì, a parte ai suoi familiari e a Jack, ed aveva anche fatto promettere a tutti di mantenere il segreto. Voleva fare una sorpresa soprattutto a Pacey e Joey, oltre che ad Andie che, da quel che gli aveva detto Jack, sarebbe tornata a Capeside per trascorrere le feste con loro.

«Credo di non averti mai visto così rilassato, stento quasi a riconoscere mio figlio!» Gale sbucò ridacchiando dalla cucina, con indosso il suo grembiule con grandi abeti di Natale e un mestolo colmo di una strana sostanza gialla. «Tieni, assaggia!» Allungò la posata di legno fino a Dawson e lo obbligò a fare da cavia.

«Mmm… paradisiaco!» Mormorò il ragazzo, leccandosi le labbra e assaporando a pieno la buonissima cucina della madre che, in quel periodo lontano da casa, gli era tanto mancata.

«Proprio quello che speravo! Lo zabaione è sempre stato il mio cavallo di battaglia!» Esclamò la donna soddisfatta, roteando su se stessa e tornando in cucina. Dawson la guardò allontanarsi e sorrise di nuovo, riportando alla mente non solo il sapore della sua infanzia ma anche tutti i ricordi ad esso legato.

Suo padre amava la crema zabaione di sua madre, ne andava pazzo ed era la cosa che più attendeva ogni anno della cena di Natale. Avrebbe potuto saltare persino il primo ed il secondo per gustare quel dolce, facendo ovviamente impazzire Gale per questa sua fissazione. E adesso che Dawson era adulto i ricordi di quelle piccole liti tra i suoi genitori gli apparvero più vividi che mai, come se li vivesse per la prima volta in vita sua.

Erano queste le cose che più gli erano mancate di quei Natali a Capeside, questi i ricordi di cui aveva bisogno e che quello strano sogno ad occhi aperti, fatto qualche settimana prima, aveva cercato di riportare a galla. Ed era grato per tutto quello che stava vivendo, per aver avuto una seconda possibilità, perché sapeva che non tutti potevano godere della stessa fortuna.

Il resto della giornata proseguì veloce, con Lily che faceva di tutto per attirare l’attenzione di Dawson e Gale, di nuovo felice e innamorata, che si prendeva cura di Stan. Dawson e Lily avevano avuto il compito di apparecchiare la tavola per la cena, ma solo dopo essersi sistemati per bene per la serata indossando entrambi gli orribili maglioni che Gale si ostinava ad acquistare e considerare, soprattutto, alta moda. Lily si lamentò per qualche minuto prima di cedere ed indossare quel regalo, mentre Dawson lo fece senza batter ciglio, davvero felice di avere qualcuno che si prendesse cura di lui – anche in quel modo del tutto bizzarro. – Dopo essersi infilato quel ridicolo indumento, con sopra stampata una renna gigantesca, scese di nuovo in soggiorno per finire di apparecchiare e, nel frattempo, accogliere i primi ospiti.

I primi ad arrivare furono ovviamente Jack, Amy, Grams e Doug, costretti dalla puntualità quasi svizzera di quest’ultimo che, da bravo sceriffo di polizia, non avrebbe mai permesso che si arrivasse in ritardo ad un invito. A loro seguirono Andie e Will – il buon vecchio Will Krudski – entrambi in compagnia del loro piccolo di appena tre anni, Tim. Dawson li accolse abbracciandoli e ringraziando, soprattutto, la sua vecchia amica per la bellissima – e di certo buonissima – torta che aveva portato.

«Non potevo venire a mani vuote, Dawson. Non appena Jack mi ha detto che quest’anno avremmo trascorso il Natale da Gale ho subito capito che aveva in serbo una sorpresa per me e non avevo dubbi si trattasse del nostro regista preferito!» Andie cominciò a parlare a macchinetta, come al suo solito, e a Dawson sembrò di essere tornato alla sua adolescenza e che niente fosse cambiato. La ragazza raccontò a lui, a Gale e a tutti gli altri le sue ultime avventure, e Dawson fu veramente felice di vederla così raggiante. Sapeva di Will, li aveva sentiti qualche volta nel corso di questi ormai quattro anni di matrimonio, ed era anche felice di essere stato invitato alla cerimonia, pur non essendo stato in grado di parteciparvi a causa dei suoi impegni con la promozione di “The Creek.”

Will e Andie si erano rivisti, qualche anno dopo la morte di Jen, a Boston – almeno da quello che i due continuavano a raccontare – quando lui era divenuto capo chirurgo del General Hospital. Entrambi erano stati riuniti dalla loro passione per la medicina e dal destino, e così si erano innamorati, decidendo qualche anno dopo di sposarsi e mettere su famiglia. A Dawson sembrava semplicemente perfetto e amava sentir raccontare, ogni volta, quella storia in cui il destino aveva giocato un ruolo così fondamentale. Perché, che lo ammettesse o no, si sentiva ancora quel ragazzino idealista e sognatore di un tempo, che credeva nei sogni, nel destino e, soprattutto, nel fatto che due persone potessero essere legate da un filo invisibile per tutta la vita, pur prendendo strade diverse.

Il campanello suonò di nuovo e, ancora una volta, fu Dawson a fare gli onori di casa. «Bessie! Bodie! Benvenuti!» Il ragazzo fece accomodare i suoi vecchi amici, salutando anche l’ormai adolescente Alexander che, tra qualche anno, lo avrebbe persino superato in altezza, ed intrattenendosi poi con il signor Potter. Allungò lo sguardo verso le spalle dell’uomo, alla ricerca di Joey, ma rimase deluso dal vedere che la sua amica non era venuta con loro.

«Joey e Pacey stanno arrivando, dovevano passare da casa Witter a prendere non so cosa!» lo avvisò Bessie, mentre riponeva il suo cappotto, notando la delusione sul volto del ragazzo. Dawson annuì e tornò in salotto, dove con l’arrivo degli ultimi ospiti si era ormai creata una vera e propria atmosfera familiare. Le donne erano tutte radunate ad un lato della stanza, quello che dava sulla cucina, a parlare di ricette e a congratularsi con Gale per la bellissima tavolata. Gli uomini, invece, si erano appena lanciati in una profonda discussione sulla sicurezza delle strade di Capeside durante le nevicate di quei giorni, introdotta ovviamente da Doug che, anche durante le feste, sembrava non riporre mai la sua fondina. I più piccoli, invece, erano seduti accanto all’albero cercando di capire cosa nascondessero i grossi pacchetti con sopra il loro nome e sperando si trattasse di ciò che più desideravano. Dawson li osservò da lontano e gli sembrò di avere un déjà-vu della sua adolescenza, quando anche lui si era ritrovato come Alex a formare un triangolo con due bellissime ragazze, anche se in una situazione del tutto diversa.

«Dawson, guarda che pacco enorme!» La piccola Amy si rivolse a lui, indicando un regalo che portava il suo nome, e il ragazzo non riuscì a fare a meno di sorriderle, rivedendo in quella bambina la sua cara amica Jen. Amy era una bambina bellissima, bionda e dagli occhi chiari come Jen, e simile a lei anche nel carattere. Era curiosa, sempre pronta a dire la sua, determinata e testarda – soprattutto da quello che gli aveva raccontato Jack – ma anche molto saggia per la sua età. Jack e Doug avevano fatto un lavoro meraviglioso con lei, crescendola in modo sano e felice, ma Dawson era convinto che gran parte del merito fosse anche di Jen. La sua amica non poteva essere lì fisicamente per prendersi cura della sua bambina, ma viveva in lei ogni giorno, e le aveva trasmesso non solo i suoi geni ma anche tutto ciò che aveva di più bello e prezioso.

Si perse così tanto in quei pensieri che, stavolta, non udì nemmeno il suono del campanello e, quando se ne rese conto, Stan era già andato ad accogliere i nuovi ospiti. Sentì distintamente la voce di Pacey dall’entrata e Dawson non riuscì a fare a meno di ridacchiare, pregustando già l’espressione stupita che avrebbe avuto il suo migliore amico nel vederlo. Si diresse, dunque, a passi veloci verso la porta d’ingresso, pronto a fare la sua grande entrata, ma non appena si trovò a pochi metri dai suoi amici fu lui a rischiare un mancamento.

«Gretchen?» Rimase impietrito nel vedere, accanto a Pacey e Joey, il suo vecchio amore, la stessa ragazza che gli era venuta in sogno settimane prima e che gli aveva scombussolato i giorni successivi. Ma la donna che gli stava di fronte non aveva nulla a che vedere con la ragazza che conosceva, che aveva rivisto in sogno o seguito durante quegli anni da lontano. La donna che gli stava di fronte era… Dawson si rese conto di non saper esprimere nemmeno nei suoi pensieri cosa fosse e questo suo stordimento non passò inosservato ai presenti.

«Ehi, amico! Sembra tu abbia appena visto un fantasma!» Pacey lo abbracciò calorosamente, interrompendo quel momentaneo blackout della sua mente, e Dawson vide Gretchen sorridergli prima di allontanarsi per salutare tutti gli altri. «Pensavo non ce l’avresti fatta nemmeno quest’anno, e invece eccoti qui!» Continuò il suo migliore amico, stritolandolo come solo Pacey era solito fare, e si allontanò solo per lasciare spazio alla sua compagna, che sembrava impaziente quanto lui di salutare Dawson.

«Te l’avevo detto, uomo di poca fede! I miracoli di Natale esistono!» Aggiunse Joey, arrivando accanto a Dawson e buttandogli le braccia al collo felice. «Ciao! Mi sei mancato!» Il ragazzo la abbracciò a sua volta e, in un solo istante, fu come ritrovarsi davvero a casa. Fu come se tutti quegli anni lontani non fossero mai trascorsi, come se quella lontananza non avesse per nulla scalfito il loro rapporto, ma anzi lo avesse rafforzato.

«Non mi sarei perso un altro Natale insieme a voi due matti nemmeno per tutto l’oro di Hollywood!» Esclamò anche lui felice, allargando le braccia per stringere entrambi in un grande abbraccio e seguire tutti gli altri ospiti in salotto, dove sperava di poter salutare Gretchen come avrebbe voluto. Ma, sfortunatamente, il suo intento venne subito interrotto dalla voce di Gale che, euforica, dava inizio a quella cena di Natale, invitando tutti i presenti a prendere posto a tavola e ordinando invece a Dawson e Stan di aiutarla in cucina.

Il brusio dei suoi amici e familiari, unito all’allegra musica natalizia di sottofondo che Gale aveva inserito nel loro vecchio giradischi, aveva reso l’atmosfera di quella cena magica sin da subito, coinvolgendo grandi e piccini in quella che era la trepidante attesa della vigilia. Dawson aiutò Gale come gli era stato ordinato e, quando tornò in sala da pranzo, si rese conto di aver avuto posti opposti a quelli dei suoi amici che, invece, erano finiti dall’altro lato della stanza tutti insieme. Prese posto accanto a Lily e a Gale, e mentre Stan seduto a capo tavola era intento a tagliare l’arrosto, lanciò un’occhiata nella direzione opposta alla sua, incontrando prima il sorriso di Joey e, subito dopo, quello di Gretchen. Ricambiò quel segno verso entrambe e provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco, una sensazione che non provava da tempo e a cui non sapeva nemmeno dare un nome. Era un’assurda coincidenza ritrovarsi in quella stanza insieme a due delle donne che più aveva amato nella sua vita, e forse era questo a rendere quella situazione strana ed imbarazzante. Con Joey, nel corso degli anni, avevano avuto modo di chiarire il loro rapporto ma non poteva negare di provare sempre una forte emozione nel rivederla, soprattutto in quel periodo dell’anno che gli riportava alla mente tantissimi ricordi legati alla loro infanzia. Gretchen, invece, era stata quasi un’estranea in tutti quegli anni e, per questo motivo, non capiva come fosse possibile che il solo rivederla avesse risvegliato in lui tutte quelle emozioni. Si sentiva proprio come tanti anni prima, quando l’averla rivista in quel negozio di ferramenta aveva risvegliato in lui una vecchia cotta adolescenziale, solo che adesso ciò che sentiva di provare era molto più forte. E sì, era strano, perché non sapeva proprio cosa avesse passato lei in quegli anni o quale vita stesse facendo adesso, nonostante guardandola sembrasse come se il tempo non fosse trascorso di un giorno.

«Mi hanno detto che il tuo episodio di Natale ha ottenuto consensi da record! Mi sento un po’ in soggezione, amico, in fondo il mio unico successo annuale è stato quello di servire Julia Roberts!» Pacey gli diede una pacca sulle spalle, mentre si recavano in salotto dopo la deliziosa cena servita da Gale, e Dawson sogghignò divertito.

«Il mio successo non potrà mai competere con Julia Roberts, caro Pacey! Hai vinto tu, a mani basse!» Esclamò il biondo, alzando le spalle e sprofondando nella morbida poltrona del suo salotto, mentre l’amico lo imitava sedendosi sul divano.

«Non mi dire che stai ancora parlando di Julia Roberts!» Continuò Joey insofferente, entrando in salotto in compagnia di Gretchen ed Andie, tutte e tre con un bicchiere colmo di eggnog in mano.

«Mi dio! Quante volte ancora dobbiamo sentire questa storia?» Anche Gretchen sbuffò, prendendo amorevolmente in giro il fratello, mentre si accomodava sul divano accanto a lui, proprio a pochi passi da Dawson.

«Quale storia? Io sono curiosa di sapere!» Chiese, invece, Andie, sistemandosi sul tappeto accanto al piccolo Tim, mentre Will, seduto sulla poltrona sopra di lei, la accoglieva con dolcezza tra le sue gambe.

«Ecco, questo sì che è ragionare! Sapevo che non mi avresti deluso, McPhee!» Disse il più piccolo dei fratelli Witter, iniziando quella lunga dissertazione sulla visita della bellissima Julia Robert in quel di Capeside, durante una pausa dalle riprese di uno dei suoi ultimi film, di cui Dawson non riuscì a cogliere il titolo distratto com’era dalla risata di Gretchen.

Il ragazzo si perse ad osservare la donna che gli stava accanto e si sorprese di ritrovare in lei gli stessi identici aspetti che lo avevano fatto innamorare anni prima: le sue fossette ai lati della bocca, le leggere lentiggini che apparivano soltanto quando il suo viso veniva illuminato, il sorriso vero e spontaneo di quando qualcosa la divertiva, ben diverso da quello più raro che invece mostrava quando era imbarazzata. Gretchen aveva in sé tutte le cose che lui ricordava di lei, ma anche qualcosa di più, qualcosa di misterioso, sensuale e intrigante che Dawson non aveva mai visto e non gli aveva permesso di staccarle gli occhi di dosso.

«Certe cose non cambieranno mai, eh?» In mezzo a tutto quel mormorio, la voce di Joey lo fece ridestare e, quando distolse lo sguardo da Gretchen, si sorprese di trovare la sua migliore amica seduta accanto a lui sul bracciolo della sua poltrona. «Scusa, non volevo farti prendere paura, è solo che non ho potuto fare a meno di notare certi sguardi…» la sua anima gemella sussurrò quelle parole all’orecchio del ragazzo, in modo che soltanto loro due potessero sentirle, e Dawson le rivolse un’espressione confusa sperando servisse a mascherare quello che provava realmente. «Dimentichi con chi stai parlando, Dawson. Ti conosco bene e conosco quello sguardo.»

Il sorriso di Joey era dolce, come era sempre stato, ma al tempo stesso sembrava nascondere qualcosa di più, un’aurea diversa che Dawson aveva notato da tutta la sera ma che non aveva ancora capito a cosa fosse dovuta.

«Dici? E adesso il mio sguardo cosa sta dicendo?» Lui cercò di sdrammatizzare, rivolgendole un’espressione divertita, ma Joey sembrò non avere intenzione di lasciar andare quel discorso.

«Dice che sei un idiota! E soprattutto che non bisogna aspettare che la vita sia finita. Ricordi? Sei stato tu stesso a dirlo! In The Creek, quando Colby ha finalmente detto quello che provava a Sam!» Esclamò soddisfatta lei, sapendo bene quali tasti toccare e consapevole di fare centro con quel discorso.

«Joey, devo ricordarti che quella è solo finzione? Sei stata tu stessa a dirlo, ricordi? Non stanno facendo sul serio. Buona la centesima, lei è stufa, lui è gay. E’ solo una messinscena… » Dawson le fece il verso, ricordandole una vecchia conversazione di tantissimi anni prima avvenuta nella sua stanza, e Joey scoppiò a ridere divertita.

«Non ti facevo così cinico! Hollywood ha una brutta influenza su di te!» La ragazza lo prese in giro, nel suo solito modo, ma tornò quasi subito seria continuando il suo discorso. «Dico sul serio, Dawson, è Natale! E a Natale accadono anche le cose più impensabili!» Alzò le spalle, sogghignando, e lasciando il posto accanto a lui si avvicinò a Pacey, dando poi al marito un dolce bacio sulle labbra. Dawson sorrise nel vedere i suoi due migliori amici così innamorati e felici e, per un attimo, provò un moto di tristezza nel cuore. In quel momento sapeva di avere tutto: una bella carriera, una famiglia felice e degli amici presenti, eppure Joey aveva ragione, mancava ancora qualcosa e non poteva aspettare che la sua vita finisse per essere davvero felice.

Si alzò dalla poltrona e si diresse verso l’entrata, pensando che un po’ d’aria fresca potesse mettere chiarezza tra i pensieri scomposti della sua mente, ma venne interrotto dal tintinnio di un calice e dalla voce di Pacey che attirava l’attenzione.

«Scusate… so che questa è una serata di festa e che tutti non vedete l’ora di stracciare Doug a tombola, in modo da fargliela pagare per tutte le multe salate che vi ha obbligato a sborsare durante i suoi anni di servizio, ma prometto che vi ruberò soltanto pochi secondi.»

Tutti si radunarono attorno a Pacey ed anche Dawson si fermò appena fuori dal salotto, curioso di sapere quale altra strana storia il suo migliore amico avesse intenzione di raccontare.

«Tranquilli, non vi parlerò ancora di Julia Roberts, sono racconti che potrebbero andar bene per un’altra fascia oraria, diciamo per quando i bambini saranno a letto!» Bisbigliò sogghignando il suo migliore amico, causando l’ilarità generale e un fischio da parte delle ragazze che non avevano intenzione di mostrarsi impressionate dalle sue storielle.

«Vorrei parlare, invece, di un’altra donna della mia vita, molto più bella e sensuale di tutte le Julie Roberts di questo mondo, e soprattutto così coraggiosa da sposarmi.» Ci fu un’altra risata tra il pubblico di quel discorso improvvisato e Joey, leggermente imbarazzata, si fece avanti stringendo le mani di Pacey.

«Beh, ecco… ho una brutta notizia per voi, miei cari ospiti, la nostra cara Josephine Potter da oggi in poi non sarà più la donna della mia vita…» cadde uno strano silenzio nella stanza, accompagnato da sguardi confusi e terrorizzati, finché Pacey non riprese di nuovo a parlare. «… perché la donna della mia vita è la bambina che lei porta da tre mesi in grembo! La donna della mia vita è Jennifer Witter!»

Pacey concluse quel discorso e, rivolgendo a Joey un ampio sorriso, la baciò dolcemente, accarezzando poi la sua pancia ancora poco accennata. E non fece in tempo a dare la notizia che sia lui che Joey si ritrovarono sommersi da tutti i loro amici, euforici di potersi congratulare con loro ma anche commossi dal nome che avevano scelto. Dawson non riuscì nemmeno ad avvicinarsi a quella calca di persone eccitate e così decise di rimanere in disparte, ancora incredulo da ciò che aveva appena appreso ed incapace di trovare le parole giuste da dire, soprattutto alla sua anima gemella. Aveva sempre immaginato come potesse essere un futuro figlio di Joey, spesso in passato anche con lui come partner, ma saperlo adesso era del tutto diverso. Fotografò già nella sua mente una bambina con gli stessi grandi e profondi occhi della sua migliore amica, quella massa di capelli color nocciola e il broncio che conoscevano ormai tutti. Una bambina che aveva anche l’umorismo di Pacey, la sua ribellione e il suo incredibile altruismo. Fece vagare la sua mente così velocemente da immaginarsela già tra loro, in uno dei prossimi Natali a gattonare nel salotto dei Leery, e sentì il cuore così colmo di gioia da non riuscire nemmeno a contenerla. E quella gioia non fece che aumentare al pensiero di poter chiamare quella piccola come la loro cara amica scomparsa. Sorrise da lontano ai suoi due migliori amici, consapevole che nessuno dei tre avesse bisogno di parole per comprendere quello che stavano provando, e poi socchiuse gli occhi rivolgendo il suo volto verso il cielo e il suo pensiero a Jen, l’altro pezzo di puzzle assente fisicamente ma presente accanto a loro sempre.

«Contempli il vischio?» Una voce, fin troppo familiare, arrivò a ridestarlo da quei pensieri e Dawson non poté fare a meno di allargare le sue labbra in un sorriso sincero.

«Non mi ero accorto di trovarmi qui. Giuro che non l’ho fatto apposta!» Riaprì gli occhi e vide Gretchen, la persona che avrebbe riconosciuto persino ad occhi chiusi e a cui, quella sera, non aveva smesso per un solo istante di pensare.

«Destino, eh?» La ragazza ridacchiò, muovendo il ramoscello sopra di loro come aveva fatto tanti anni prima il signor Brooks, e riportò alla mente di Dawson il ricordo del loro primo bacio, proprio come aveva fatto qualche settimana prima quel suo strano sogno.

«Già… è la tradizione!» Esclamò il ragazzo, ancora assorto nei suoi pensieri, prima di inebriarsi del buonissimo profumo di Gretchen e di perdersi nei suoi profondi occhi, adesso illuminati da una luce nuova. La fissò per un istante che sembrò infinito e nel suo sguardo lesse tutto quello che aveva sempre saputo ma anche qualcosa di più. Lesse segreti mai svelati, speranze mai svanite, sogni realizzati e sentimenti mai sopiti. Lesse un “mi sei mancato” sussurrato appena e un “che bello rivederti” mai detto, ma forse più semplicemente lesse se stesso; e fu come ritrovare un sentiero smarrito e ripercorrerlo con la stessa determinazione ed emozione di un tempo.

«Beh, sai come si dice Dawson, le tradizioni vanno rispettate.»

E nel momento in cui Gretchen sigillò quel tacito accordo con quella frase, la stessa che si erano scambiati anni prima sempre sotto quel vischio, seppe all’istante quale fosse la sua meta, il porto in cui approdare, il luogo a cui aveva sempre appartenuto ma che per troppi anni aveva lasciato. E lo seppero entrambi, nel momento in cui le loro labbra si toccarono, segnando l’inizio – o semplicemente il continuo – di una storia che era destinata ad essere.

Fine.

 

 

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